Cariche di polizia contro la gioventù. Forze armate che blindano una delle maggiori città americane. Decine di migliaia di manifestanti sotto le bandiere dell'anticapitalismo. Giovani e lavoratori dell'occidente che si battono fisicamente contro il WTO (OMC in italiano, ndt) e l'imperialismo. Queste forti immagini della "battaglia di Seattle" del 30 novembre 1999 sono state impresse nella mente dei militanti di tutto il mondo, spingendo milioni e milioni di persone alla lotta contro questa guerra di classe dichiarata dall'alto e che alcuni chiamano "globalizzazione". Seguita da altre proteste di massa a Washington e Davos, Seattle ha segnato in qualche modo un importante punto di svolta per il movimento operaio internazionale.
"Quell'Idea che si rifiuta di morire"
E gli anarchici erano nel folto di queste proteste e di queste azioni di solidarietà, a Rio come a Johannesburg, a Praga come a Istanbul, a New York e a Dublino, dimostrando una impressionante abilità organizzativa, acquistando in credibilità ed in consenso popolare.
Sui media borghesi, gli anarchici hanno assunto una preminenza che non si notava dagli anni '60, ricevendo sorprendentemente più credito di quanto poi fosse realmente il ruolo svolto dagli anarchici nel nuovo movimento anti-globalizzazione. Per il New York Times l'anarchismo era "quell'Idea che si rifiuta di morire". La sinistra autoritaria, scossa e surclassata dalla capacità strategica degli anarchici, ha ritenuto improvvisamente necessario lanciare una polemica greve e disonesta contro l'anarchismo.
Per colmo di ironia, poi, il movimento anarchico si fa a pezzi per il disaccordo che c'è su come ci si dovrebbe orientare verso il movimento anti-globalizzazione.
Orientarsi verso il Movimento
Mentre l'anarchismo di tradizione piattaformista e molti anarcosindacalisti si sono fortemente identificati nel nuovo movimento, molti altri compagni sembrano riluttanti a farsi coinvolgere di più nel nuovo movimento. Alcuni sono giustamente preoccupati per la presenza nel movimento di forze riformiste e borghesi come le ONG (organizzazioni non governative, ndt); altri evidenziano l'inatteso sostegno all'anti-globalizzazione da parte di gruppi di estrema destra come i fascisti ed i fondamentalisti islamici; altri ancora sospettano del ruolo di dirigenti sindacali di destra all'interno del movimento.
Queste preoccupazioni sono valide. Ma non dovrebbero essere usate come ragioni per non coinvolgersi nel movimento anti-globalizzazione. Questo nuovo movimento rappresenta un importante sviluppo per la classe operaia internazionale ed una massiccia opportunità per il movimento anarchico all'alba del XXI° secolo. Prendere il movimento, coinvolgervisi, dargli forma &endash; questa è la migliore possibilità disponibile oggi per impiantare l'anarchismo all'interno della classe operaia e cercare di prendere la via del ritorno al nostro giusto posto in un movimento di massa, che può scavare la fossa al capitalismo.
Anticapitalismo e non solo anti-globalizzazione
Una volta dentro il movimento anti-globalizzazione, dobbiamo starci con coscienza anticapitalista. "Anti-globalizzazione" è un termine vago che espone la resistenza al capitalismo ad ogni sorta di trappola.
Molti aspetti della globalizzazione &endash;se per essa intendiamo la creazione di un mondo-sistema a crescente integrazione economica, politica e sociale- dovrebbero essere ben accolti dagli anarchici. La rottura delle chiuse culture nazionali, i più vasti contatti internazionali, la coscienza di essere "cittadini del mondo", la preoccupazione per gli sviluppi a mezza strada nel mondo- sono tutti processi positivi.
Noi non dovremmo stare con coloro i quali, sotto la bandiera della "sovranità" e della "nazionalita", chiedono un rafforzamento delle culture nazionali, del cibo nazionale, chiudendo le frontiere alle influenze straniere e così via. Questo approccio &endash;anche se travestito di anti-imperialismo- è xenofobia e comporta il sostegno agli stati nazionali locali.
Dobbiamo sostenere le possibilità che si sviluppi una cultura cosmopolita ed internazionale, come pure la globalizzazione del lavoro e del movimento dei lavoratori che stanno emergendo con la globalizzazione. Dobbiamo opporci totalmente al fondamentalismo religioso, al nazionalismo ed al fascismo i cui problemi con la globalizzazione sono legati al timore che la gente si apra a nuove idee che possano sfidare pregiudizi e culture autoritarie. La cultura non è statica. Muta e si forgia attraverso la lotta, e noi anarchici dovremmo difendere solo quegli elementi delle culture nazionali che sono progressisti ed a favore della classe operaia.
Ma, allo stesso tempo, gli anarchici si oppongono agli aspetti neoliberisti e capitalisti della globalizzazione. Noi ci opponiamo agli attacchi al salario, agli attacchi al welfare, perché essi feriscono la classe operaia e perché difendono gli interessi dei capitalisti.
Questi aspetti capitalisti della globalizzazione stanno nella guerra di classe internazionale radicata nel capitalismo e nella sua attuale crisi di profitti. Nonostante il clamore sulla "new economy" e la nuova prosperità, il capitalismo è in crisi dal 1973. Il tasso medio di crescita negli anni '50 era del 5% all'anno; scese al 2% negli anni '70, all'1% negli anni '80. Così il grande affare del capitalismo è stato quello di ristrutturare se stesso per sopravvivere e rinnovare il profitto tramite il modello neoliberista: flessibilità della forza lavoro, privatizzazione, contrattazione illegale e al ribasso, tagli al welfare, riforma regressiva del fisco, deregolamentazione dei movimenti delle merci e del denaro. Tutte queste politiche avvengono nell'interesse dei settori dominanti della classe capitalista, cioè le gigantesche compagnie transnazionali.
Fuori e contro lo Stato
Lo Stato-nazione capitalista non è vittima della globalizzazione capitalista come si sente dire da qualcuno che usa in genere un punto di vista nazionalista, capitalista-di-stato o riformista. Costoro sostengono che lo sviluppo di grandi compagnie e di grandi istituzioni multilaterali come il FMI e il WTO porta ad una perdita di sovranità di uno stato-nazione supposto come innocente, che viene forzato ad adattarsi alla nuova realtà della globalizzazione.
Questo genere di argomentazioni comporta serie implicazioni politiche. Esse distolgono l'attenzione dal reale ruolo dello stato-nazione nel guidare la ristrutturazione neoliberista. Inducono anche alla convinzione che lo stato-nazione, il "nostro" stato-nazione, sia una vittima innocente con cui dobbiamo allearci e che dobbiamo difendere dalla globalizzazione straniera. Al contrario, gli anarchici riconoscono nello stato-nazione uno dei principali protagonisti della globalizzazione ed, in particolare, degli aspetti capitalisti della globalizzazione.
Il FMI, la BM ed il WTO sono organizzazioni costituite da membri rappresentanti degli Stati-nazione, come è l'ONU. E' lo Stato-nazione che ha implementato l'attacco neoliberista in tutto il mondo. E' lo Stato-nazione che ha permesso alle grandi compagnie di operare globalmente, smantellando le chiuse economie nazionali del periodo 1945-1973, che era caratterizzato dalla massima che "ciò che va bene per Ford va bene per l'America".
E' la ristrutturazione neoliberista implementata e rinforzata dallo Stato-nazione che ha reso possibile lo sviluppo su scala globale del mercato internazionale del lavoro, dei movimenti internazionali dei capitali, delle catene internazionali di produzione (inclusi molti Stati-nazione del Terzo Mondo, compreso il Sud Africa: testimone ne sia il fatto che il governo capitalista del Sud Africa sta riducendo le tariffe più velocemente di quanto richiesto dal WTO. Quando il WTO chiese al Sud Africa di privatizzare la sua industria tessile in 12 anni, il governo le fece volontariamente in 8 anni! Quindi la globalizzazione capitalista non è qualcosa semplicemente imposta su di noi dal sistema globale, dall'imperialismo, etc�, anche se questi hanno un ruolo importante).
Lo Stato-nazione è parte del problema.
Perciò gli anarchici non sono d'accordo con gente come Ralph Nader che diceva:"Votate per me, così salverò la democrazia e vi salverò dalle grandi compagnie". Gli anarchici sanno che il ruolo dello Stato è quello di servire queste compagnie: questo è ciò che fa lo Stato! E' qui che noi ci separiamo da coloro che pensano che lo Stato sia un alleato del lavoro e dei poveri nella lotta contro la globalizzazione capitalista.
Come tali, gli anarchici non possono condividere l'idea di una coalizione antiglobalizzazione di destra/sinistra, né il mito liberale che si possa andare oltre la sinistra e la destra. (Testimoni ne siano le proteste di Seattle: i liberali diedero al paraifascista Pat Buchanan una piattaforma, ma piagnucolarono quando gli anarchici attaccarono la cittadella della Nike).
Contro il protezionismo nazionalista
Noi lottiamo fuori e contro lo Stato, cercando di organizzarci a livello internazionale. E' vero: le importazioni di beni a costi più bassi minacciano l'occupazione nazionale. Ma la soluzione non è quella di chiedere allo Stato di vietare l'importazione di queste merci: bensì è quella di organizzare i lavoratori in tutti gli sweatshops (luoghi di lavoro durissimo e sindacalmente deregolamentato, ndt) del mondo. Noi lottiamo per l'unità internazionale del lavoro, per un salario minimo internazionale, standards internazionali di lavoro e mai per il protezionismo nazionalista o il bando del commercio.
Gli anarchici vogliono una lotta autogestita e tra le classi, piuttosto che entrare nel sistema. Gli anarchici vogliono costruire forme autogestite di lotta e di azione, anziché porre fede nella tecnocrazia, nelle elezioni, nei "nostri" governi. In questo quadro, l'uso della violenza è una questione tattica, non un principio: spaccare o bruciare sono scelte legate alla situazione. Questo è proprio ciò che i liberali ed i pacifisti rifiutano di capire.
Dentro il Movimento Anti-globalizzazione
Dobbiamo entrare nel nuovo movimento anti-globalizzazione. E' vero: è pieno di riformisti ed elementi borghesi. Ma proprio per questo dobbiamo coinvolgerci! Starsene da parte è consegnare il nuovo movimento, con il suo immenso potenziale rivoluzionario, ai riformisti ed ai borghesi. Significa abdicare al nostro dovere rivoluzionario di fondere l'anarchismo rivoluzionario con le lotte della classe operaia, di impedire che la rivolta degli schiavi venga usata per portare un'altra elite al potere.
Non si tratta di sapere se dovremmo coinvolgerci, si tratta di sapere come.
Gli scopi di un coinvolgimento anarchico sono sicuramente:
1) Promuovere l'autogestione delle lotte: su ogni punto, gli anarchici devono battersi per forme organizzative, forme di protesta e forme di decisionalità che prevedano l'attivo coinvolgimento della classe operaia e l'opportunità di autogestire le lotte, acquistare fiducia e lottare dal basso.
Questo significa:
- occupazioni, piuttosto che sabotaggi elitari
- marce, proteste e manifestazioni anche dure, piuttosto che una politica di difesa
- comitati d'azione che operano su mandato e riconoscimento assembleare, piuttosto che delegare tutte le responsabilità ad un piccolo gruppo di leaders
- coalizioni decentrate che permettano il massimo di iniziativa dal basso
- costruire la capacità di organizzazione promovendo collegamenti orizzontali tra i gruppi, assicurandosi che le informazioni siano il più ampiamente disseminate alla base delle strutture
- lotte e richieste che promuovano la polarizzazione di classe e svelino le basi classiste del neoliberismo, possiamo sollevare vertenze "riformiste" con una presa da guerra di classe (per esempio, prendiamo una compagnia in crisi finanziaria; i padroni diranno di risparmiare attraverso l'esternalizzazione ed i licenziamenti; i militanti anarchici possono invece sollevare una richiesta apparentemente riformista che indichi la via del risanamento attraverso un taglio dell'80% degli stipendi dei manager. Questo svelerà la natura classista del sistema, l'abisso salariale di classe ed il rifiuto dei padroni di prendere in considerazione alternative che approfondiscono la polarizzazione di classe)
2) Lottare contro il governo: gli anarchici devono essere lì ad argomentare contro il protezionismo nazionalista, contro tesi di intervento statalista e contro le nazionalizzazioni. Invece dobbiamo puntare all'auto-emancipazione della classe operaia attraverso le sue stesse lotte, le sue organizzazioni, i suoi sforzi, sul bisogno di mobilitarsi fuori e contro lo Stato, sulla lotta di classe anticapitalista.
Questo significa:
- lottare per una concreta solidarietà internazionale con i lavoratori negli sweatshops e con contratti illegali, attraverso campagne, azioni informate alla prospettiva superiore di conquistare standards internazionali di lavoro (un salario minimo globale, condizioni globali di base per l'occupazione,..) e un sindacalismo globale di base. Queste sono le reali basi della classe operaia per opporsi alle importazioni a buon mercato: migliori salari per tutti, piuttosto che una corsa al ribasso o il protezionismo sciovinista,
- regole di base per le condizioni di lavoro, attraverso una prassi di azione solidale, piuttosto che appelli al WTO
- disvelamento delle basi di classe del neoliberismo quando tenta di ridurre i salari e peggiorare le condizioni di lavoro o di aprire l'economia alle privatizzazioni ed alla speculazione, di qui il bisogno di una risposta di classe che non si faccia illusioni nel capitalismo di stato,
- opporsi alle privatizzazioni perché colpiscono la classe operaia attraverso i licenziamenti ed il peggioramento dei servizi sociali e non perché noi pensiamo che le nazionalizzazioni siano un passo verso il socialismo ed il controllo operaio. Invece di invocare le nazionalizzazioni in alternativa alle privatizzazioni
&endash;cosa che comunque non avverrebbe e non rafforzerebbe affatto la classe operaia- gli anarchici dovrebbero battersi per l'autogestione operaia e comunitaria dei servizi sociali e delle infrastrutture, sottolineando il diritto della classe operaia ad una vita decente.
Scopi ed obiettivi
Lo scopo di queste tattiche e di queste richieste è semplice. Questi punti vanno sostenuti come strumenti per sviluppare una forte e democratica coalizione internazionale della classe operaia incentrata sui sindacati, sulle comunità, sui cittadini, gli studenti, etc� Inoltre questi punti tendono anche ad aiutare lo sviluppo di una coscienza libertaria ed anticapitalista all'interno della lotta di classe internazionale, sviluppando l'opposizione allo Stato ed al capitale insieme al desiderio, alla necessità ed alla fiducia in una possibilità di socialismo autogestito e senza Stato. Molti del movimento anti-globalizzazione non accetteranno questi scopi. Ma questo è proprio il motivo per cui è vitale il nostro intervento nel movimento anti-globalizzazione come militanti con le idee chiare ed una tattica precisa.
E' anche per questo che abbiamo bisogno di organizzazioni politiche anarchiche basate sull'unità teorica e tattica e sulla responsabilità collettiva, gruppi tipo quelli delineati da Nestor Makhno e Peter Arsinov nella Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Libertari del 1926. Unità, chiarezza, dedizione sono i nostri indispensabili mezzi rivoluzionari contro il borioso nemico capitalista, enormemente più potente di noi.
Ma noi�.possiamo vincere!
(questo articolo è prima apparso su North American Anarchist, giornale della NEFAC (Canada-USA), poi su Red & Black Revolution, rivista del WSM irlandese)